Essere donna oggi

Approfondimenti sulle opportunità di sviluppo & liberazione

“Non conosceremo mai la misura della nostra grandezza fino a che non siamo chiamate ad alzarci.
E solo allora, se siamo fedeli al nostro disegno di vita, la nostra statura toccherà il cielo”
(Emily Dickinson)

PARI OPPORTUNITA’, MA A MODO DELLE DONNE
Il femminismo negli anni ’60 ha reso le donne libere di fare ed è innegabile che sia stata una conquista epocale, senza la quale attualmente noi donne non potremmo compiere moltissimi gesti che oggigiorno diamo per scontati. Insomma la “lotta” è stata forse necessaria (e si noti che lotta attiva è una caratteristica prettamente maschile…), perché era necessario “scardinare”. Ma paradossalmente, a mio parere, quella “battaglia” ci ha reso in qualche modo anche un po’ schiave, per non dire (perdonate la provocazione un po’ forte) delle caricature al maschile; come se questi “pari diritti” (sebbene la strada da percorrere sia ovviamente e palesemente ancora lunga e tortuosa) li avessimo dovuti in qualche modo pagare con una certa mascolinizzazione.

Spesso le donne falliscono – oppure riescono a caro prezzo – per un motivo molto semplice, eppure del tutto trascurato: perché seguono dinamiche che non sono le loro. Le donne sono distanti dalla loro vera natura femminile, il luogo dove possono trovare le risposte adatte a se stesse. Per questo motivo a volte è come se remassero controcorrente, è come se dovessero entrare in un vestito che non è della loro taglia, è come se dovessero camminare con delle scarpe che sono troppo strette. Perché sono libere di fare, ma meno di essere… Libertà nel fare e libertà nell’essere. C’è una grande differenza. Oggi le donne hanno fatto il primo passo: possono lavorare, guadagnare, studiare, dirigere, raggiungere i loro obiettivi. È la libertà del fare. Ma è necessario anche compiere un secondo passo: verso la libertà dell’essere. Cosa significa? Significa potersi esprimere con modalità femminili e non maschili: sul lavoro, in famiglia, nella coppia, nella realizzazione di se stesse (visto che tra il modo di esprimersi delle donne e il modo di esprimersi degli uomini, come abbiamo visto lungo tutta questa mia tesi, esistono delle vere e proprie differenze). Ma non è ciò che accade: il mondo femminile si rivolge troppo spesso alle modalità maschili, concedendo spazi limitati a quelle femminili. Così, le donne hanno messo da parte la loro vera natura, per adattarsi ad una cultura che chiede anche a loro di sopravvivere, raggiungere il successo e di adeguarsi ai valori maschili, sottovalutando quelli femminili.

Ricco di infinite possibilità, il pensiero femminile dalle donne viene usato poco. O male. In genere perché sottovalutato, visto che la società patriarcale lo indica come debole e perdente. Il pensiero femminile viene usato poco quando le donne dicono: «È “dalla pancia” che sento provenire i messaggi più chiari. Ma penso che quelli che vengono dalla testa sono più sicuri». Le donne hanno poca fiducia in un modo di essere “al femminile”. Sentono più sicuro quello “al maschile”. Anche se non è il loro. Ma il pensiero femminile viene usato altrettanto male quando le donne gestiscono le emozioni e le percezioni in modo improprio, lasciando che prendano il sopravvento. Non sono capaci di gestirle bene, di incanalarle positivamente. Allora tutto diventa troppo confuso: non c’è più distinzione tra intuito e fantasia, tra le sensazioni e il buon senso, tra istinti e “colpi di testa”.

È dunque necessario un ritorno al femminile vero e autentico, affinché le donne possano appropriarsi del loro “modo di essere”. Primo cambiando la concezione di se stesse: da lineare a circolare. Secondariamente, imparando a stimolare, ma anche a gestire positivamente, il “pensiero di pancia”. Sono passi importanti perché permettono alla donna di riconnettersi con il suo femminile, con un “modo di essere” più adatto a lei e alle sue necessità. E sono convinta che anche questo passaggio possa aiutare ogni donna a raggiungere un maggior benessere e poter così giungere alla serenità, sia psico-emotiva, sia a livello fisico.

Inoltre, tornando a fare un piccolo cenno al movimento femminista, quest’ultimo, a mio parere, non ha potuto essere risolutivo considerato che, dal momento in cui la donna va CONTRO l’uomo, è come se andasse contro se stessa! Sarebbe come creare una scissione interna. E, come detto fino alla nausea, se non c’è integrazione è come pretendere che un uccello voli con una ala sola. Senza contare che l’andare “contro” non è mai del tutto risolutore. I “NO” abbattono i muri, ma sono poi solo i “SI’” che ricostruiscono; e l’entrare nell’età adulta attraverso la crisi adolescenziale ne è il migliore esempio. Ma soprattutto: una delle doti del femminile è quella di amare, per natura, il principio maschile, semplicemente perché indispensabile e complementare, come i principi del Tao, dove lo Yin e lo Yang si abbracciano armoniosamente creando qualcosa che è più della somma delle parti. Abbiamo visto che il Femminile e Maschile sono due archetipi, due forme originarie che sussistono prima delle specie. Questi due archetipi hanno funzioni e simbologie diverse, ognuno ha delle sue prerogative, delle sue virtù e delle sue carenze, nessuno dei due è meglio o peggio, bensì insieme si compensano formando un tutt’uno armonico che funziona a regola d’arte, come nel Tao appena citato, per l’appunto. Anche se sono convinta che il fatto che uomo e donna siano complementari non vuol dire che si completino a vicenda. Nel senso che nessuno dovrebbe abbisognare di nessuno per essere completamente se stesso, né tantomeno per essere un intero che basta a se stesso.

Dunque credo che questo momento storico consegni un nuovo e delicato compito nelle mani di noi donne, ovvero che ci sia richiesto di co-creare sia la nostra vita sia, in qualche modo, il futuro del mondo. Per questo motivo trovo che sia realmente urgente che noi donne iniziamo a lavorare seriamente sul nostro risveglio di coscienza, assolutamente essenziale e doveroso per far sentire la nostra voce nel mondo. Dov’è il comportamento fiero di noi femmine?! Dov’è il nostro istinto di protezione rispetto al degrado della Terra e alla inutile ed evitabile sofferenza di esseri umani, animali e vegetali? In questa epoca in cui 17.000 bambini muoiono di fame ogni giorno (uno ogni 5 secondi) e una specie vivente si estingue ogni 20 minuti, noi donne ricordarci la fierezza degli animali femmine che difendono i loro cuccioli! Perché secondo l’archetipo del femminile tutti i figli sono nostri figli, di qualsiasi razza e colore, di qualsiasi specie, umana e animale. E’ giunto il tempo di tirare fuori quella fierezza perché il mondo ha bisogno di noi, è finito il tempo di rimanere chiuse in casa. Non è più il momento del vittimismo, di dire “non sono abbastanza brava; non sono capace”. E’ il momento di stare nel mondo ORA. Liberare il nostro potere vuol dire essere al meglio di noi stesse, sviluppare le nostre potenzialità, vivere una vita piena di significato, prendersi la respons-abilità della propria vita, delle proprie emozioni e delle proprie scelte, smettere di sentirsi vittime, smettere di lasciarci vivere e di lamentarci. Perché è importante che noi donne ritroviamo le nostre radici, il nostro equilibrio e la nostra forza e in questo momento storico è urgente che noi donne smettiamo di giocare in piccolo.

D’altro canto comprendo benissimo che questo tipo di donna faccia paura. Non solo agli uomini, ma anche a se stessa. Quasi sempre. Ma non sempre. Perché l’emergere dell’autentica e pura parte energetica/eterica comporta una confidenza speciale con la propria autonomia, con l’indipendenza dello spirito, della mente, del corpo e del cuore; presuppone uno sganciamento dalle forme di dipendenza economiche e famigliari, dai falsi e illusori attaccamenti e bisogni affettivi, e una disinvolta capacità di vivere una femminilità appassionata, sensibile, travolgente, sicura, cosciente dell’assimilazione e del superamento di modelli educativi che mai le sono appartenuti. Comprese quelle inconsce proiezioni paterne che tanto piacevano all’amazzone.

In realtà l’epoca eterica di questo inizio di Terzo Millennio ha mandato in crisi la donna di ogni tipo. Quella “tradizionale” ha visto sfaldarsi, a partire dagli anni Sessanta, il punto di riferimento principale, quello della coppia (che presuppone un uomo saldo e sicuro della propria progettualità, ormai quasi introvabile) e quello della famiglia, aprendo la porta a delusioni e ferite di ogni tipo, parallele a una ricerca spasmodica e illusoria dell’uomo “ideale”, dell’anima gemella, del maschio affidabile lungo tutto l’arco di una vita. Sempre con riferimento agli anni Sessanta, anche la femminista radicale, caratterizzata da determinazione assoluta e intransigente, ha visto sgretolarsi molti dei suoi ideali. Così come ha mandato in crisi la donna che abbiamo chiamato “amazzonica”, il cui spirito era appunto apparso soprattutto negli anni Settanta e Ottanta, la cui figura sembrava emergere forte e indipendente fino a pochi anni fa, certa di se stessa e delle proprie conquiste sociali e professionali; questo tipo di donna è stata costretta a capire che l’indipendenza e il successo possono comportare una solitudine di fondo che certo non viene vissuta felicemente senza una appagante dimensione amorosa, senza la capacità di abbandonarsi e di perdere un potere che non è quello di una femminilità di nuovo magica e davvero solare. Perché per poter amare profondamente l’unica via perseguibile è quella di abbandonare le corazze, aprire le braccia ed esporre la pelle, insomma è necessario lasciarsi andare…

Va in questo contesto inserita anche la crisi della donna “eterico-anarchico-nomadica”, ovvero la figura femminile emersa con l’epoca “nettuniana” della metà degli anni Novanta. All’insegna di un nomadismo anche affettivo sempre più evidente. Donna trasgressiva e amante della libertà, ribelle e assetata di nuove conoscenze, ma che ha dovuto fare i conti con le sedimentazioni inconsce di secoli, con i vecchi modelli educativi, ancora robusti e resistenti, con le proprie paure che ancora non consentono di intraprendere con tranquillità e passione le strade che pure le si sono aperte davanti. Il risultato ha anche comportato forme d’ansia di vario genere, parallele ad autoinganni di vario tipo, a illusioni e idealizzazioni che hanno portato spesso questo tipo di donna a correre sì sull’autostrada della vita, ma con il freno a mano tirato. O in qualche caso, all’opposto, a prendere le curve secche a trecento all’ora.

Insomma, oggi le donne hanno maggior libertà e potere, ma non sembrano particolarmente felici di queste conquiste, anzi, si sentono più sole e patiscono una straniante sofferenza psichica. A parere di tutti i maggiori esperti la spiegazione va ricercata nel loro (nostro) progressivo distacco dalle energie del femminile naturale, dalla donna “selvatica” che tutte hanno dentro di sé (abbiamo dentro di noi). Credo che il libro di Clarissa Pinkola Estés (scrittrice, poetessa e psicoanalista statunitense, ma di chiare origini ispano-americane), “Donne che corrono coi lupi”, sia ormai universalmente riconosciuto un po’ come la bibbia del concetto di donna selvaggia:

“La donna selvaggia porta tutto ciò di cui una donna ha bisogno per essere e sapere. Porta il medicamento per tutto. Porta storie e sogni e parole e canzoni e segni e simboli. Riunirsi alla natura selvaggia significa fissare il territorio, trovare il proprio branco, stare con sicurezza e orgoglio nel proprio corpo, parlare e agire per proprio conto, in prima persona, rifarsi ai poteri femminili innati dell’intuito e della percezione, riprendere i propri cicli. La donna selvaggia è intuito, veggenza, colei che sa ascoltare. Lei è idee, sentimenti, impulsi, memoria. E’ colei da cui andiamo a casa. E’ colei che ci fa andare avanti quando pensiamo di essere finite, che lascia impronte ovunque ci sia una donna che è terreno fertile. E’ colei che vive in un mondo lontano, che si apre, a forza, un varco verso il nostro mondo… Siamo pervase dalla nostalgia per l’antica natura selvaggia. Pochi sono gli antidoti autorizzati a questo struggimento. Ci hanno insegnato a vergognarci di un simile desiderio. Ci siamo lasciate crescere i capelli e li abbiamo usati per nascondere i sentimenti. Ma l’ombra della Donna Selvaggia ancora si appiatta dentro di noi, nei nostri giorni, nelle nostre notti. Ovunque e sempre, l’ombra che ci trotterella dietro va indubbiamente a quattro zampe…“

Il femminile è grembo, contenitore ma anche veicolo per fluire nel mondo; non a caso l’acqua, metafora di grande potenza, è uno dei suoi simboli più vicini. Il femminile è dunque capace di accogliere e nutrire, ma è sua anche la capacità di trasformazione. Quindi, in questa epoca storica, il femminile è disposto a rimettersi in gioco? Per farlo, forse, è davvero necessario che sia in grado di prendersi cura di sé e di fidarsi del proprio istinto…. Il femminile sa prendersi cura di sé? E’ disposto a rimettersi in gioco? Si fida del proprio istinto?

Negli ultimi 100 anni le donne hanno fatto progressi incredibili: dal non avere accesso all’istruzione o non potere esprimere ciò che volevano, all’essere in grado di occupare le più alte posizioni negli affari, nella scienza e nella politica. Spesso, tuttavia, sembra di essere messe di fronte ad una scelta dolorosa: o essere forti, rispettate, potenti e in grado di prendere decisioni, oppure rilassarsi, godersi le relazioni, godersi l’essere aperte, ricettive e femminili. Un lato ci fa sentire forti e indipendenti, ma spesso ne paghiamo il prezzo diventando fredde, dure, solitarie, e perdendo il contatto con il sentire noi stesse e gli altri. L’altro lato ci dà la capacità di sentire profondamente, di relazionarci, scioglierci e ricevere amore, ma se c’è solo quello finiamo col sentirci pesanti, troppo emotive, bisognose, dipendenti e incapaci di muoverci, di fare qualcosa o di prendere decisioni. Nella gran parte dei casi le donne tendono a delegare agli uomini il potere, mentre gli uomini sono spinti a delegare alle donne la profondità emozionale. Infatti noi donne siamo state inconsciamente condizionate a credere che se abbiamo successo, soldi, carriera e leadership perderemo l’amore. Agli uomini, viceversa, è stato insegnato che sono esattamente queste le cose che servono per guadagnarsi l’amore.

Mi occupo di Counseling al Femminile con il profondo desiderio di dare alle donne la possibilità di vivere la propria forza e il proprio potere senza rinunciare alla bellezza, alla capacità di amare e alla grazia di essere donna. In passato, la forza e il potere di una donna erano solitamente legati a un uomo: il padre, il marito o il figlio. La liberazione da questo dominio non avviene cercando di assomigliare agli uomini, ma scoprendo l’energia maschile nascosta in ogni donna e integrandola alle qualità femminili. Infatti quando le donne incontrano la loro dimensione femminile, scoprono una forza inaspettata. Soprattutto all’interno di un gruppo di donne. Inoltre, credo che se le donne “scoprissero” davvero il loro potenziale, si risolverebbero gran parte dei problemi femminili. Io ho deciso che voglio dedicare la mia vita a questo ideale: lavorare ogni giorno su me stessa per divenire una persona e una donna migliore e aiutare le altre mie compagne di viaggio a fare lo stesso. E non passa giorno che questo pensiero, con cui mi sveglio ogni mattina e mi corico ogni sera, non riempia di autentica gioia, emozione ed entusiasmo le mie giornate e la mia vita.

“Le donne sono il potere e le fondamenta stesse della nostra esistenza nel mondo. È quindi di importanza cruciale che le donne ovunque facciano ogni sforzo per riscoprire la loro natura fondamentale, perché solo allora potremo salvare questo mondo”.
(Mata Amritanandamay – Amma)