Le dee dentro la donna

Approfondimenti sulle opportunità di sviluppo & liberazione

“Quando mia figlia crescerà le racconterò delle dee.
Le parlerò di Era, la regina del potere terreno,
colei che protegge i riti matrimoniali.
Di Artemide, l’amazzone, e del suo amore per la natura.
Poi di Athena, ispiratrice del vivere civile,
della sua intelligenza sottile
ereditata dal mondo paterno.
E anche di Afrodite, la dea dal corpo sacro,
guida celeste della passione e delle arti.
Infine le parlerò di Demetra, la madre terra fertile e benefica,
e di Persefone, signora delle tenebre misteriose,
con i suoi sogni di morte e di trasformazione.
Conoscere le loro storie l’aiuterà a diventare donna.
Le chiederò di non immedesimarsi in una in particolare
perché potrebbe essere fonte di dolori inimmaginabili.
Deve conoscerle tutte quante e riconoscere in ognuna una parte di sé.
Non deve diventare una dea vulnerabile come sua madre,
che è esistita solo nella dimensione del vincolo”.
(Marcela Serrano – “Antigua, vita mia”)

LE DEE DENTRO LA DONNA – come gli archetipi possono aiutarci nella scoperta di noi stesse

L’Archetipo – Cos’è e perché funziona
Innanzitutto la parola archetipo deriva dal greco antico ὰρχέτυπος col significato di immagine: tipos (“modello”, “marchio”, “esemplare”) e arché (“originale”); è utilizzata per la prima volta da Filone di Alessandria e, successivamente, da Dionigi di Alicarnasso e Luciano di Samosata.

Il termine viene usato, attualmente, per indicare, in ambito filosofico, la forma preesistente e primitiva di un pensiero (ad esempio l’idea platonica); in psicoanalisi, da Jung e altri autori, per indicare le idee innate e predeterminate dell’inconscio umano.

Nell’approcciarsi ai miti e agli archetipi, diventa per l’appunto fondamentale il riferimento alla psicologia analitica di Jung. Mi sento autorizzata a farlo, sebbene io mi stia muovendo nell’ambito del Counseling, poiché ritengo che l’approccio dello psichiatra e psicoanalista svizzero contenga una valenza fortemente energetica, la quale, riunendo tutti gli esseri umani sotto valori universali e validi per l’intera umanità, ne favorisce le trasformazioni spirituali. E questo è il Counseling che mi hanno insegnato e trasmesso, e che amo.

L’archetipo non è dunque un’entità completa, ovvero che esiste nel tempo e nello spazio, ma un’immagine interiore che agisce sulla psiche umana, quindi intrinseca, ma al tempo stesso dominante. A tal proposito Carl Gustav Jung teorizza che l’inconscio alla nascita contenga delle impostazioni psichiche innate, quasi sicuramente dovute al tipo di sistema nervoso caratteristico del genere umano, trasmesse in modo ereditario in virtù dell’appartenenza dell’individuo a una collettività. Tali impostazioni e immagini mentali sono quindi collettive, cioè appartenenti a tutti. Jung chiama questo sistema psichico inconscio collettivo, distinguendolo dall’inconscio personale che deriva direttamente dall’esperienza personale dell’individuo. In altri termini, l’inconscio collettivo, per Jung, è costituito sostanzialmente da informazioni universali, innate, ereditarie che lui chiama archetipi e l’archetipo è l’immagine primaria dell’inconscio collettivo. La psicologia del profondo, infatti, conosce se stessa proprio attraverso l’esplorazione simbolica che il mito procura.

Di questi archetipi, i più importanti sono: il “Sé” (il risultato del processo di formazione dell’individuo), l’”Ombra” (la parte istintiva e irrazionale contenente anche i pensieri repressi in coscienza), l’ “Anima” (la personalità femminile così come l’uomo se la rappresenta nel suo inconscio) e l’”Animus” (la controparte maschile dell’anima nella donna).

Da un punto di vista psicodinamico, Jung postula poi quattro funzioni fondamentali: pensiero, sentimento, sensazione e intuizione. Ciascuna di queste funzioni è variamente dominante in ogni individuo e anche in base a queste ogni individuo si rapporta con l’archetipo (per es. anche quello del femminile) che risiede nel suo inconscio. L’archetipo viene a essere una sorta di prototipo universale per le idee, attraverso il quale l’individuo interpreta ciò che osserva ed esperimenta. Gli archetipi, integrandosi con la coscienza, vengono rielaborati continuamente dalle società umane, si manifestano contemporaneamente anche in veste di fantasie e spesso rivelano la loro presenza solo per mezzo di immagini simboliche, si rafforzano, si indeboliscono e possono anche morire. L’indebolirsi degli archetipi nell’epoca moderna ha reso, secondo Jung, possibile e utile la psicologia. La sopravvivenza degli archetipi, in epoca moderna, è legata anche agli esiti della comunicazione di massa. Un film di successo, un libro, una trasmissione televisiva molto seguita possono giocare un ruolo nel ravvivarli o nell’indebolirli.

Jung afferma che ci sono tanti archetipi quante sono le situazioni tipiche della vita; ci sono figure archetipiche (ad es. madre, padre, bambino, Dio…), eventi archetipici (ad es. nascita, morte, matrimonio, …) e oggetti archetipici (acqua, sole, luna, …): ognuno di questi elementi è parte della dotazione che ci viene trasmessa dall’evoluzione allo scopo di equipaggiarci per la vita; ognuno di essi trova espressione nella psiche, nel comportamento e nei miti. Ognuno di noi riconosce e sperimenta gli archetipi secondo la propria tipologia, essi ci insegnano a vivere e sono presenti in ognuno di noi: questo significa che ognuno di noi ha, in se stesso, l’intero potenziale umano. In sostanza Jung sposta sul piano inconscio alcuni condizionamenti culturali (religiosi e artistici) e ambientali, comuni a tutti gli individui di un certo gruppo.

L’archetipo è costituito da un suo simbolismo articolato: contiene in sé differenti immagini con altrettanti significati, i quali possiedono una forte componente emotiva, capace di condizionare il comportamento umano. Perché gli archetipi organizzano anche le percezioni e le esperienze per renderle conformi al modello.

Le immagini simboliche sono rappresentazioni dell’archetipo, latente e inconscio, alla coscienza. Come abbiamo visto, gli archetipi sono numerosi e variegati, ma tra quelli che riguardano il femminile e che mi interessano particolarmente vi è quella che Jung ha definito immagine primordiale o archetipo della Grande Madre, nonché l’archetipo femminile che lui chiama Anima nella sua parte femminile, e Animus nella sua controparte maschile.

Le Dee Greche come metafore ed archetipi
In questa tesina ho già fatto cenno alla mia mente e a come questa abbia più volte rappresentato più un ostacolo che un aiuto nella comprensione non solo dell’energia del femminile (che si scosta decisamente dalla logica, essendo analogica), ma di ogni passo da me compiuto nel mio percorso di crescita personale. Quante volte, al termine di un libro o di un seminario, ho rivolto a me stessa, quasi in automatico, come spesso accade, parole come: “ecco, dovrei essere meno insicura”, “ecco, mi devo ricordare di essere meno macchinosa e meno… mentale!”.

Fino, frequentemente, a precipitare in un loop in cui, nel tentativo di darmi mille spiegazioni verbali, finivo per “incepparmi”, impedendo altresì al mio cuore di percepire realmente un vero insegnamento o elaborare un cambiamento costruttivo. Riguardo a ciò, alcuni concetti di neurologia e PNL (Programmazione Neuro-linguistica) mi hanno in seguito chiarito come un’immagine indiretta possa, per il nostro sistema di apprendimento, assumere invece un’efficacia ben più diretta. E questo in virtù del funzionamento del nostro cervello. Il cervello è diviso in tre parti principali:

Il cervello rettiliano: questa sezione è la più ancestrale e si occupa dei bisogni e degli istinti innati nell’uomo, nello specifico quello sessuale, territoriale, gerarchico, temporale, sequenziale, spaziale e semiotico.

Il sistema limbico: è la parte più centrale e nell’uomo comprende il lobo limbico, l’ippocampo, l’amigdala, i nuclei talamici anteriori e la corteccia limbica, che supportano svariate funzioni psichiche come emotività (principali operatori emozionali: fobico, aggressivo, cura della prole, richiamo materno, innamoramento, ludico), comportamento, memoria a breve termine, olfatto, l’umore e il senso di autocoscienza che determina il comportamento dell’individuo.

La neocorteccia: rappresenta quella porzione di corteccia cerebrale con sviluppo filogenetico più recente, come suggerisce il termine. Nell’uomo essa rappresenta circa il 90% della superficie cerebrale. La neocorteccia è considerata la sede presunta delle funzioni di apprendimento, linguaggio e memoria, ovvero delle peculiarità rappresentate dallo sviluppo genetico avvenuto nel corso dell’evoluzione animale.

Forse perché la più moderna, la neocorteccia è anche la parte più razionale, presente, cosciente e creativa. Ma perché sia spinta a creare, necessita di stimoli sempre nuovi, considerato che la conoscenza stimola la creatività perché pone nuovi esempi e punti di riferimento.

Perché come diceva Munari (B. Munari, “Fantasia”, Edizioni Laterza, Bari, 2000): ”…la creatività nasce dalle relazioni che il pensiero fa con ciò che conosce…”. Quindi più aspetti di noi conosciamo, più possiamo essere creative nei confronti di noi stesse e della vita che viviamo ogni giorno.

E’ dunque nel sistema nervoso che si liberano e agiscono le immagini e i concetti archetipici, dalla neocorteccia, a quello limbico-emotivo, fino al più antico. Ed è ormai provato che quello “inconscio” sia il meccanismo di apprendimento umano più efficace.

Come ci ha illustrato il breve excursus sugli archetipi, abbiamo nuovamente conferma di come un simbolo possa diventare un mezzo molto potente per interiorizzare una idea o un modello, anche di comportamento, oppure per far arrivare alla nostra mente un’indicazione atta ad una nuova creazione.

E a proposito di simboli ed archetipi, nelle mie ricerche sul femminile era inevitabile imbattermi in un libro che è ormai considerato al pari di una Bibbia del “settore”: Le Dee dentro la donna – (Di Jean Shinoda Bolen – ed. Astrolabio, Roma, 1991, pagg. 306). Per me è stata una lettura folgorante e per questo motivo ho deciso di includerne l’analisi all’interno del percorso di Counseling al Femminile da me organizzato; perché sono convinta, così come è accaduto per me, che la preziosa panoramica simbolica che questo libro offre permette alle donne di ricontattare tutte le parti di sé, consentendo loro di sentirsi, ascoltarsi, accettarsi e, di conseguenza, anche di trasformarsi.

L’Impatto degli Archetipi sul Funzionamento Cerebrale e sull’Apprendimento
La Bolen, psichiatra, afferma infatti che i modelli archetipici delle divinità dell’antica mitologia greca sono tuttora validi per comprendere se stesse e guidare il proprio comportamento. Quindi, se la donna impara a entrare in contatto con i modelli archetipici istintuali che la influenzano dall’interno, saprà sfuggire alle implacabili dicotomie (maschile/femminile, madre/amante, donna di successo/casalinga, eccetera) che da sempre la tengono prigioniera. L’analista junghiana ha dichiarato di aver scritto questo libro per stimolare le donne a conoscersi un po’ di più nei vari aspetti che ci appartengono, ma anche per stimolarle a relazionarsi con altre donne trovando nello scambio un potente mezzo di cura di sé e di trasmissione e ricezione di energia e nutrimento.

Questo libro insegna appunto a ogni donna a identificarsi con la dea o con le dee che governano la sua personalità, a decidere quale coltivare e quale tenere a freno, e a sfruttare il potere di questi eterni archetipi per realizzare pienamente la propria individualità.

Secondo la Bolen esistono 7 archetipi che sono legati alle dee e che influenzano il nostro essere, il nostro sentire, ma anche il nostro modo di fare: ogni donna è legata primariamente alla propria dea originaria, che è quella che ha un’influenza predominante, ma le “possiede” in sé potenzialmente tutte!

Ciò che realizza una donna, infatti, può non avere senso per un’altra: a seconda della dea che agisce in lei, in un essere femminile sono presenti più dee e più la personalità è complessa, maggiore è la possibilità che le dee attive siano più di una; ciò che soddisfa una parte di lei può apparire insignificante a un’altra parte. Quando nella psiche della donna queste dee sono in competizione, lei deve decidere quale aspetto di sé esprimere e quando, per evitare di trovarsi confusa ed in balia delle proprie indecisioni.

E’ importante sottolineare che l’ambiente sociale, familiare, culturale possono influenzare il manifestarsi nella bambina di un archetipo, anche se non è quello principale, e ciò può portare la donna a vivere un senso di inadeguatezza e sofferenza, in quanto deviata dalla sua vera essenza interiore. Le aspettative della famiglia verso la figlia possono rinforzare alcune divinità e reprimerne altre. Nel momento in cui dee diverse si contendono la supremazia, come accade in periodi di cambiamenti ormonali (mestruo, gravidanza), i “cambiamenti” di dea possono provocare conflitto e confusione.

Studiando le caratteristiche delle singole dee, la donna può rendersi conto che un archetipo che le sarebbe utile, in lei non è ancora sviluppato: è possibile allora “invocare” quella dea, facendo uno sforzo cosciente per avvertirne la presenza, contattandola attraverso l’immaginazione, e quindi chiederne la forza di cui è portatrice. Poiché la mente e’ abitudinaria, a forza di associare una qualità della Dea che ci diviene necessaria a una qualsivoglia situazione, questo meccanismo ha la possibilità di divenire automatico, variando la combinazione neuronale precedente.

Le più recenti scoperte scientifiche ci informano infatti che il nostro cervello non è composto da strutture rigide e fisse come pensavamo precedentemente, ma è così duttile e plastico da trasformarsi costantemente a seconda di ciò che pensiamo o facciamo; allora acquisire abitudini di un certo tipo rispetto ad altre diventa fondamentale. In altre parole noi siamo in grado di produrre dei cambiamenti volontari nel nostro cervello.

La reiterazione di gesti e comportamenti, se supportata abbastanza a lungo, crea nuovi percorsi neuronali che sosterranno nuovi comportamenti e nuove percezioni (c’è chi sostiene che la variazione di un percorso neuronale necessiti di soli 21 di esercizio assiduo in tal senso). Scopriamo, dunque, che il modello che abbiamo ricevuto in dotazione è predisposto per nuove infinite possibilità potenziali. Cambiare abitudini indesiderate, modi di pensare frutto di condizionamenti negativi, attitudini emozionali distruttive, ecc., alla luce delle recenti scoperte della neuroscienza diventa un processo non soltanto molto più possibile di quanto non apparisse in passato, ma appassionante.

La zona dei lobi frontali e prefrontali del cervello pensante assume un nuovo ruolo. Questa parte della neocorteccia, che riguarda alcune forme di ragionamento e l’attivazione di certi tipi di emozioni positive, ha dimostrato di poter intervenire a ridimensionare e inibire le reazioni istintive e spesso eccessive dell’amigdala legate agli antichi programmi di sopravvivenza. Aumentando le nostre capacità di riconoscimento (funzione del ragionamento) si accresce l’attivazione dei lobi frontali, il che può favorire certi tipi di emozioni positive. Quando si commettono violenze o atti socialmente dannosi l’attivazione dei lobi frontali risulta ridotta. Studi compiuti su individui che agiscono comportamenti istintivi antisociali senza curarsi delle conseguenze, dimostrano l’atrofia dei lobi frontali. Ne consegue che i pensieri che coltiviamo hanno il potere di rafforzare o indebolire le nostre emozioni positive, così come attivare e rafforzare zone del cervello che favoriscono un miglior equilibrio emozionale, o altre che invece lo destabilizzano, dipende da noi.

La medicina cinese chiama il cervello “cuore celeste” e riconosce sentire e pensare come processi in continua comunicazione dinamica che insieme vanno a costituire la struttura emozionale/cognitiva, sottolineando nell’uomo il modello olistico.

I lobi frontali sono in grado di compiere un’operazione molto complessa: quando ci focalizziamo su qualcosa, ci distacchiamo totalmente dall’esterno, quando siamo veramente impegnati con un concetto esso diviene neurologicamente parte del nostro essere. Il cervello si riformula allora per includere quei processi mentali come un nuovo tessuto del nostro essere, ed è in grado di creare un modello più vasto di idee basate su ciò che ha trovato utile nell’integrazione di esperienze passate. Quando diventiamo uno con l’idea, si acquietano tutte le altre zone della neocorteccia che sono associate con la consapevolezza del corpo e dell’ambiente. Così l’illusoria separazione dal resto del mondo si assottiglia… quando siamo uno con ciò che pensiamo e facciamo non siamo più separati, ma parte del Tutto.

Bruce Lipton, il biologo della cellula a cui dobbiamo molte di queste scoperte, è molto esplicito e afferma: “Non siamo vittime dei nostri geni, ma maestri del nostro destino”. Nel suo libro “Biologia delle credenze” (Macro Edizioni, 2013), Lipton dice inoltre che il corpo/mente è progettato per auto-guarirsi, ma noi occidentali in particolar modo possiamo accedere in modo molto limitato a questo potenziale, perché abbiamo sviluppato e consolidato credenze che cedono ai medici, gli “esperti”, il nostro potere. Per riprogrammare le nostre cellule Lipton parla degli strumenti di sempre: le tecniche di lavoro sull’inconscio (quindi anche per mezzo degli archetipi) per modificare le strutture di riferimento interne, la meditazione e tutto ciò che può favorire la consapevolezza e la presenza.

In questo senso ritengo davvero prezioso il lavoro proposto dalle “Dee dentro la donna”. Gli archetipi femminili proposti in questo libro prendono in esame la mitologia greca e vengono distinti due gruppi di dee:

Dee vergini – Artemide, Atena, Estia – Rappresentano le qualità femminili dell’indipendenza e dell’autosufficienza, gli attaccamenti emotivi non le distolgono da ciò che ritengono importante, non agiscono da vittime e non soffrono. L’aspetto della dea vergine rappresenta quella parte di donna che l’uomo non riesce a possedere o “penetrare”, non viene toccata dal bisogno di un uomo o dalla sua approvazione, che esiste di per sé interamente separata da lui.

Dee vulnerabili – Era, Demetra, Persefone – Rappresentano i ruoli tradizionali di moglie, madre e figlia. Dee la cui identità ed il benessere dipendono dalla presenza, nella loro vita, di un rapporto significativo; ciò che le motiva è la gratificazione del rapporto, approvazione, amore, attenzione. Sperimentano la possibilità di crescita attraverso la sofferenza e spesso reagiscono con vittimismo.

In una categoria a parte troviamo Afrodite, dea dell’amore e della bellezza, viene definita dea alchemica in riferimento al processo magico o potere di trasformazione che lei sola possedeva.

In effetti noi donne siamo esseri complessi, molto più che riducibili a 7 numeri primi: mi piace pensare che siamo come sfumature di dee che hanno in sé tutti i colori di ogni dea archetipica con diverse intensità. Ogni dea ha i suoi punti di forza e di debolezza come noi mortali ed il percorso di crescita da me ideato è stato strutturato anche per portare attenzione ad entrambi gli aspetti di ogni dea. Per fare ciò, compiamo una carrellata sulle caratteristiche, storiche e individuali, antiche e moderne, di ognuna di queste 7 dee:

A) ARTEMIDE (DIANA)
Il Mito: sorella gemella di Apollo, fu la prima dei due a nascere, e, neonata, aiutò la madre per il difficile parto di suo fratello. Artemide fu la levatrice di sua madre e quando a 3 anni conobbe il padre Zeus, fu così venerata da lui che ebbe la possibilità di avere tutto ciò che desiderava: arco e frecce, i cani per andare a caccia, le ninfee di compagnia, montagne e terre selvagge tutte sue e la possibilità di compiere scelte liberamente. Questo già ci parla di Diana, così la chiamavano i romani, come di una donna autonoma, selvaggia, che ama la natura e la compagnia di altre donne, che aiuta già da bambina la madre in difficoltà e che ha con il padre un rapporto speciale. Era quindi la dea della caccia, della luna, della vita selvaggia, molto legata agli animali ed alla natura, con cui era in totale comunione spirituale. Le donne si rivolgevano a lei nel momento in cui partorivano perché l’aiutassero ad alleviare il dolore, lei che dal dolore non veniva sfiorata.

L’Archetipo: agiva in maniera rapida e decisa, per portare protezione e soccorso a chi si rivolgeva a lei, e rapida nel punire chi la offendeva. Si sentiva a suo agio la notte. Personificazione dello spirito femminile indipendente.

La Donna moderna:
questa al giorno d’oggi è l’immagine di una donna indipendente, con uno stile di vita movimentato, che ricerca la gratificazione personale in ogni campo, che ama sentirsi parte della natura, è viaggiatrice ed esploratrice. Una single che gode del suo status, ma anche una compagna che coltiva amicizie e interessi estranei alla coppia. Anche se sposata, infatti, mantiene la propria indipendenza, arrivando a costruire un rapporto paritario con il partner. Perché colei che incarna questo archetipo porta in sé un senso di completezza “so badare a me stessa” che le permette di agire da sola. La sua identità ed il senso del proprio valore non dipendono da un uomo, ma da “ciò che è” e ”ciò che fa”. Manifesta molto coraggio nell’affrontare gli ostacoli. La competitività stimola la sua eccitazione per la ”caccia”. Capacità innata di concentrarsi intensamente su ciò che lei considera importante al fine di raggiungere i propri obiettivi, per cui si può definire senza dubbio una personalità ostinata. La donna Artemide tende a vivere sentimenti forti in relazione alle cause e ai principi che sostiene (femministe, attiviste politiche…). Se da piccola viene ostacolata nella manifestazione della sua personalità Artemide, la donna svilupperà un senso di inadeguatezza. L’età adulta porta questa donna ad aver acquisito un’esperienza sessuale come espressione della sua tendenza ad esplorare, ed a collezionare (caccia) avventure. Predilige lavori che le permettono un avanzamento di carriera, e in cui possa manifestare tutte le sue qualità.

Punti di debolezza: la “troppa indipendenza”, il voler fare tutto da sé, la difficoltà ad affidarsi alle cure di altri, disprezzo per la vulnerabilità, rabbia distruttiva verso le persone che possono veramente ostacolare il raggiungimento di un suo obiettivo. Spesso questo tipo di donna emana un senso di inaccessibilità, freddezza, spietatezza verso chi le causa un torto; quando vuole raggiungere un risultato utilizza tutte le sue risorse, anche se questo può portare a ferire altre persone.

Aspetti da integrare: la donna deve sviluppare il suo potenziale inconscio, la sua recettività, acquisire la capacità di trasformare l’esperienza vissuta dandole un contenuto personale, e non viverla solamente come una conquista. Dovrebbe imparare ad amare ed a prendersi cura di un altro essere; accettare la vulnerabilità nelle altre persone, senza giudicarle.

B) ATENA
Il Mito: dea greca della saggezza e dei mestieri, dai romani detta Minerva. Nota per le strategie vincenti e per le soluzioni pratiche. La figlia del padre, poiché fu proprio dalla testa di Zeus che nacque già adulta. Figlia di un solo genitore (la madre Metis fu ingoiata da Zeus dopo che seppe del suo stato di gravidanza), era “il fidato braccio destro” del padre, con la corazza, lo scudo e il fulmine sempre con sé: era una imponente e splendida dea guerriera. In tempo di guerra presiedeva alle strategie di battaglia, mentre in tempo di pace alle arti domestiche: per questo la vediamo anche rappresentata con un fuso, oltre che con lo scudo.

L’Archetipo: come archetipo, rappresenta il modello seguito dalle donne razionali, governate dalla testa più che dal cuore. Capacità di mantenere il controllo in situazioni difficili o d’emergenza, mettendo a punto strategie adeguate che portano la donna ad agire con la determinazione di un uomo. Dea vergine che però cercava la compagnia e l’alleanza con l’uomo. Archetipo che porta la donna a tenere sotto controllo gli eventi, a considerare gli effetti e modificare il corso di un’azione nel momento in cui essa appare improduttiva.

La Donna moderna: la donna Atena di oggi è una donna di testa più che di cuore, con acutezza mentale e senso pratico. Sa mantenere il sangue freddo nelle situazioni emotivamente forti e riesce ad essere e a fare moderatamente, nella giusta misura. Generalmente ricerca la compagnia degli uomini e spesso condivide in ambito lavorativo il piacere nell’azione e nel potere del maschile, senza lasciare che sentimenti erotici o romantici disturbino il rapporto. Il suo senso pratico la rende portata per le attività manuali, che vanno dal ricamare al costruire. Appare obiettiva, impersonale e capace. La donna Atena è quella che apre il cofano della macchina ed aggiusta il guasto. L’organizzazione le viene naturale, risulta essere una lavoratrice instancabile, predilige i lavori in cui mente e mani lavorano assieme. Colei che incarna questa dea vive nella mente e spesso non è in contatto con il proprio corpo. Se ostacolata da piccola nel manifestare questo archetipo, da adulta può reprimere ciò che prova, ed indossare una corazza protettiva, diventando insensibile ai sentimenti, perché altrimenti non si sente al sicuro. I rapporti con gli uomini sono più a livello di amicizia o collaborazione, di solito impara a fare l’amore con grande maestria, anche se non sa cosa significhi spingere il corpo fino al limite. Se si sposa crea un rapporto di solidarietà più che un’unione appassionata, diventa la consigliera del marito e non è gelosa, a meno che non venga messo in pericolo il suo matrimonio. Infatti se vede che ciò non può accadere, accetta anche la presenza di un’amante.

Punti di debolezza: la difficoltà a contattare la propria parte emotiva e a restare sempre nel controllo di sé e di tutto ciò che la circonda. Anche per questo intimidisce gli altri, ha il potere di rendere sterili le esperienze altrui se non le ritiene importanti, può trasformare una conversazione in uno scarno resoconto di particolari, essendo molto nella mente; può mostrare mancanza di sensibilità e nasconde la sua vulnerabilità con autorità e critica. Rischia di dedicarsi sempre al lavoro, e di non staccare mai la mente.

Aspetti da integrare: non è mai stata bambina, deve imparare ad affacciarsi alla vita con l’innocenza e lo stupore di un bimbo, imparando a lasciarsi andare alle proprie emozioni attraverso la risata ed il pianto, e accettando anche di farsi abbracciare.

C) ESTIA
Il Mito: la meno conosciuta, poiché solitaria ed introversa e quindi meno chiacchierata e dipinta, è Estia, dea del focolare e del tempio. Era la maggiore della prima generazione degli dei, fu la prima ad essere ingoiata dal padre Crono e quindi passò molto tempo in solitudine, nelle viscere del tiranno. La madre era Rea, una donna impotente che non riusciva a far nulla per fermare le violenze del marito sui figli. Estia fu sostituita nella schiera dei 12 dell’Olimpo poiché non abitava con gli altri dei, infatti si occupava di tener viva la fiamma nel tempio e nel focolare al centro di ogni casa e di ogni città e aveva scelto uno stile di vita più riservato. Estia si concentrava sul suo sguardo interiore e sull’intuizione che la guidava nel suo fare. Quindi presenza avvertita a livello spirituale come fuoco sacro che riscalda e protegge. I rapporti sessuali di una vestale con un uomo profanavano questa dea, e come punizione veniva sepolta viva.

L’Archetipo: come archetipo conferisce alla donna un senso di purezza, completezza, portatrice di verità, ed il senso di una visione spirituale profonda. Quest’ultimo aspetto le dona la capacità di concentrarsi sull’esperienza soggettiva interna, la sua percezione avviene attraverso lo sguardo interiore e l’intuizione. La modalità estiana ci permette di stabilire un contatto con quelli che sono i nostri valori, mettendo a fuoco ciò che è significativo a livello personale.

La Donna moderna: la donna Estia di oggi è una donna silenziosa e introversa, che gode della solitudine, in profondo contatto con i suoi valori e profondamente intuitiva. E’ la donna non attaccata alla gente, agli esiti, al possesso, al prestigio o al potere. Emotivamente distaccata, ha le qualità della donna saggia. E’ la donna che trova nei compiti domestici un significato profondo: quando pulisce e riordina la propria casa, pulisce e riordina dentro di sé, ed è molto soddisfatta quando tutto è in ordine e pulito. La donna Estia predilige ambienti religiosi o percorsi spirituali anche rigidi. Il suo Io non è alla ribalta, non nutre ambizioni e non è legata a ciò che la circonda, ma al suo mondo interiore. Questo tipo di donna è silenzioso, non invadente, la sua presenza crea un’atmosfera di calore e ordine che dà un senso di pace. La bambina con questo archetipo che si trova in un ambiente familiare conflittuale, tende a chiudersi nel suo mondo interiore e coltiverà un senso di isolamento. La sessualità non è un aspetto importante nella sua vita: se sposata, nei rapporti intimi non sarà attiva e non ne sentirà la mancanza se rari, manifesta il desiderio di essere cercata, e risulta essere una buona moglie; comunque la donna Estia si sente realizzata anche senza la presenza di un uomo. Nel lavoro non è competitiva e risulta essere molto affidabile. La pratica della meditazione può gradualmente attivare o rinforzare l’ascendente di Estia, la dea introversa che coltiva il suo mondo interiore.

Punti di debolezza: e se la capacità di stare nella solitudine è una risorsa, il rischio per la donna Estia è quello dell’isolamento, della mancanza o povertà di relazioni sociali. Le manca anche la capacità di imporre le proprie ragioni se scontenta o svalutata, subendo passivamente ciò che le accade; la solitudine che la donna Estia apprezza molto, può diventare abbandono se le persone da lei amate, ignorando i suoi sentimenti, la lasciano. Se privata di sicurezza e stabilità date da situazioni istituzionalizzate, può sentirsi senza protezione (chiesa, matrimonio). Difficoltà ad avere rapporti con gli altri se non è in un luogo a lei familiare, infatti ad una festa può sentirsi goffa, timida, inadeguata. Fra tutte le divinità, Estia, era l’unica a non essere rappresentata con sembianze umane, le mancava un’immagine o una Persona (*).

Aspetti da integrare: dovrebbe imparare ad esprimere i sentimenti in modo da farli arrivare alle persone che le sono care, arrivando ad acquisire una “Persona” e imparando a proporsi in maniera affermativa e assertiva. E’ importante che cerchi di slatentizzare il suo “Animus”, cioè la sua dimensione maschile interna che può aiutarla a passare all’azione nelle situazioni difficili; questo le permetterebbe di essere chiara e capace di affermare il proprio sentire. La donna Estia deve fare attenzione a non essere sopraffatta dal suo aspetto intellettivo (logos), che la può portare ad un’indagine scientifica della sua esperienza interna.

(*) Persona: nella psicologia junghiana, la Persona è la maschera dell’adattamento sociale che l’individuo presenta al mondo.

D) ERA
Il Mito: poi incontriamo la maestosa, regale, splendida Era, che i romani conoscevano come Giunone. Dea bellissima attirò su di sé lo sguardo di Zeus, il quale, con vari stratagemmi e imbrogli, riuscì ad averla in moglie e successivamente a possederla. E’ così che Era è diventata la dea del matrimonio, donna fedele e moglie. Ma Zeus, dopo il matrimonio, ritornò alle sue abitudini promiscue scatenando tante e tante volte la gelosia vendicativa di Era, che non rivolgeva la sua rabbia verso il marito, ma verso l’altra donna o i figli.

L’Archetipo: archetipo che rappresenta una forza di potente intensità, sia nella gioia che nel dolore. Era, infatti, dea che fu riverita ed oltraggiata, onorata ed umiliata, possiede attributi positivi e negativi assai più marcati di altre dee.

La Donna moderna: al giorno d’oggi la donna Era è quella che ha come primo desiderio quello di essere moglie, e se si trova senza un compagno si sente incompleta, nulla, inutile. Per questo, una volta sposata, intende rimanere tale nella buona o nella cattiva sorte. Le piace fare del marito il centro della propria vita, e spesso sposa un uomo che rappresenta sia una creatura bisognosa di calore, sia un uomo potente. E’ quindi una sposa raggiante, che se però scopre di essere tradita diventa estremamente vendicativa. Il matrimonio è importante per lei anche per il riconoscimento sociale che ha dal suo status. Il marito è al centro della vita della donna Era e tutti, anche i figli, sanno che quanto c’è di meglio è riservato solo a lui. Se da piccola vive in una famiglia dove non regna l’armonia, la donna Era farà di tutto per sposarsi, al fine di costruire lei una situazione familiare in cui si senta protetta, e dove possa concretizzare l’ideale che ha del matrimonio. La sessualità va di pari passo al matrimonio, generalmente arriva vergine all’altare, quindi la sua scoperta della sessualità dipende da ciò che le trasmette il marito. Per lei il lavoro è un aspetto secondario della vita, quindi farà di tutto per conciliarlo con la vita matrimoniale. In genere la donna Era non dà molta importanza alle amicizie e di solito non ha un’amica del cuore. La donna Era reagisce alla perdita e al dolore con la collera e con l’attività (spesso andandosene), inoltre cade nel vittimismo che la fa sentire potente anziché rifiutata.

Punti di debolezza: può restare prigioniera fra archetipo e cultura, infatti per non andare contro al credo religioso, preferisce portare avanti un matrimonio all’insegna della sofferenza. La donna Era condanna e punisce le altre donne escludendole o dando loro ostracismo, tende a porsi come giudice della società; può essere vendicativa se scopre che l’uomo su cui aveva riversato tutte le sue attenzioni, non le riconosce l’impegno che mette in ciò che fa. Se insicura è molto esposta alla gelosia, e quando il marito in pubblico la trascura si sente umiliata e poco considerata. Il rischio per la donna Era è quello di concentrarsi troppo sulla sua relazione con il marito/compagno, perdendosi nel rapporto e diventandone completamente dipendente.

Aspetti da integrare: questa tipologia di donna è importante che riconosca l’influenza di Era, comprendendo le suscettibilità che le sono proprie al fine di andare oltre la dimensione che l’archetipo rappresenta; imparando a fare delle scelte che la gratifichino e non lasciando che sia sempre il marito a decidere. Nel momento della rabbia non si deve lasciare sopraffare da questa emozione, ma riflettere sulle scelte che ha a disposizione, imparando a canalizzare collera e gelosia in un’attività che le permetta di trasmutarle (pittura, scrittura, lettura, lavoro). E’ importante che impari ad accettare la fine di un rapporto, staccandosi da un sentimento di gelosia e rancore se il compagno ha deciso di lasciarla.

E) DEMETRA e F) PERSEFONE
Poi incontriamo Demetra, la dea delle messi, nutrice e madre, e Persefone, fanciulla e regina degli inferi, donna ricettiva e “bambina della mamma”. Le incontriamo insieme perché i loro archetipi sono complementari e i lori miti si incontrano nel racconto…

Il Mito: Persefone stava raccogliendo fiori nel prato quando venne attratta da un bel narciso e quando si avvicinò per prenderlo emerse Ade dagli Inferi che con il suo carro d’oro la rapì. Demetra che riuscì a sentire le grida della figlia, iniziò a cercarla ovunque per giorni e giorni, adirandosi anche con Zeus che aveva permesso un simile atto. Demetra trascorse poi un lungo periodo sotto mentite spoglie lontano dall’Olimpo sempre alla ricerca della figlia, ma quando poi svelò la sua vera identità, fece costruire un tempio in cui si isolò nel suo dolore per la figlia e si rifiutò di svolgere il suo ruolo di dea della messi. Così facendo, niente poteva crescere, niente poteva nascere e questo portò una grande carestia che fu avvertita anche dagli dei che non ricevevano più alcun sacrificio da parte degli uomini. Zeus fu così costretto ad implorare il ritorno di Demetra al suo compito e in cambio permise che madre e figlia si ritrovassero.

Il Mito di DEMETRA: dea delle messi, nutrice e madre. I romani infatti la conoscevano come Cerere, da cui la parola “cereale”. E si tende ad identificare la creazione dell’inverno come la stagione in cui Demetra rifiutò il suo compito di presiedere all’abbondanza dei raccolti.

L’Archetipo di DEMETRA: è l’archetipo della madre, rappresenta l’istinto materno che si realizza nella gravidanza o nel dare agli altri nutrimento fisico, psicologico o spirituale. Chi incarna questo ruolo è quindi una donna generosa e anche impaziente di diventare madre. L’archetipo materno spinge la donna ad essere nutrice, generosa e disinteressata, e a cercare la propria soddisfazione nel curare e accudire gli altri. Se l’archetipo Demetra cade in depressione immediatamente sospende il contatto emotivo con il figlio o il compagno, il quale si sentirà abbandonato, ma essendo dipendente da lei potrà incontrare difficoltà gravi a livello psicologico.

La Donna moderna DEMETRA: alla donna Demetra piace preparare grandi pranzi per la famiglia e gli ospiti, ed è invasa dal piacere quando le fanno i complimenti per le sue attitudini di buona madre. Altro attributo è la perseveranza, infatti rifiuta di darsi per vinta quando è in gioco il benessere dei figli. Quando questo archetipo è predominante in una donna, e lei non riesce a gestirlo, può cadere in depressione nel momento in cui i figli se ne vanno, (sindrome da “nido vuoto”) e sentirsi inutile. Nei suoi rapporti è provvida e protettiva, soccorrevole e generosa, attenta a ciò che la circonda, altruista e leale verso le persone e verso i principi. Se la bambina Demetra nasce in una famiglia in cui il padre non ha un istinto paterno, svilupperà in età adulta un atteggiamento di vittima. Generalmente questo tipo di donna predilige uomini che appaiono immaturi ed insicuri, su cui lei può esercitare le sue cure, però poi molto spesso diventano completamente dipendenti da lei, si crea un legame amante-figlio e frequentemente lei è cronologicamente più grande. Sessualmente non è molto attiva, preferisce effusioni e coccole. Questo tipo di donna è vulnerabile, ed ha difficoltà a dire di no anche quando è molto stanca, ma invece di ammettere il proprio sentire diventerà apatica ed aggressiva. Queste qualità trovano espressione in professioni sociali come l’insegnamento, la cura dei malati, e nel lavoro non sarà competitiva e neanche intellettualmente ambiziosa.

Punti di debolezza di DEMETRA: manifesta vittimismo, potere e controllo, lasciandosi andare a manifestazioni di rabbia e depressione; tende a creare rapporti di dipendenza. Generalmente esercita un controllo eccessivo sull’altro e crea attorno a sé insicurezza e inadeguatezza. Il suo comportamento passivo-aggressivo la fa apparire incapace di gestire le difficoltà, e questo la fa sentire in colpa. E qui la fragilità è proprio la dipendenza dal dare all’altro che ha bisogno, perdendo i confini tra sé e l’altro.

Aspetti da integrare di DEMETRA: dovrebbe imparare ad esprimere la rabbia, anziché comprimerla dentro di sé, così facendo ridurrebbe il rischio di cadere in depressione; imparando anche a dire di no quando è stanca, eviterebbe la sensazione di vuoto e di depressione dovuti agli impegni eccessivi. Dovrebbe “lasciare andare e lasciare crescere”. Dovrebbe accettare di chiedere aiuto quando si trova in difficoltà, ammettendo che non è in grado di gestire la situazione, imparando a diventare madre di se stessa, chiedendosi cosa è meglio per lei. Sarebbe indicato che non restasse fissata ad una fase, reagendo all’apatia, al fine di non restare in un’esistenza vuota e sterile: imparando ad accettare che la vita ha degli alti e bassi ed attraverso la fluidità può riuscire a superare un momento difficile uscendone con una più profonda saggezza e comprensione spirituale.

Il Mito di PERSEFONE: questa dea aveva due nomi, a simboleggiare i due aspetti contrastanti che la distinguevano: Kore ossia giovane fanciulla fertile che ignorava chi fosse, e Persefone regina degli inferi, data la sua capacità di gestire piani profondi della propria psiche. Dai romani era chiamata Proserpina o Core. Come regina degli inferi, Persefone era una donna matura, che regnava sulle anime dei morti, guidava i viventi negli inferi e pretendeva per sé ciò che desiderava. Questo aspetto sta a rappresentare la capacità di muoversi fra la realtà egoica del mondo oggettivo e la realtà inconscia della psiche.

L’Archetipo di PERSEFONE: quando questo archetipo è attivo, è possibile che la donna operi una mediazione fra i due livelli (fanciulla e regina degli inferi), integrandoli entrambi nella personalità, e faccia da guida ad altri che “visitano” il mondo sotterraneo nei sogni o nelle fantasie, oppure a coloro che perdono il contatto con la realtà. Simbolicamente il mondo degli inferi può rappresentare gli strati più profondi della psiche, il luogo dove giacciono i sentimenti e i ricordi, dove si trovano immagini e istinti, sentimenti archetipici comuni a tutta l’umanità (inconscio collettivo).

La Donna moderna PERSEFONE: Persefone possiamo ritrovarla nella donna odierna in due diverse modalità, poiché due erano i ruoli per cui veniva venerata: come Kore la fanciulla fertile e come la regina degli inferi. L’aspetto legato a Kore si trova nell’atteggiamento da eterna adolescente di una donna che non si impegna fino in fondo in ciò che fa poiché è indecisa su ciò che vuole, aspettando che qualcuno le cambi la vita. E’ molto legata alla madre e abituata a compiacerla (cosa che succede anche con gli altri), perché estremamente dipendente da lei. E questo ne è l’aspetto di fragilità. Come regina degli inferi, invece, l’archetipo Persefone dà alla donna la capacità di avventurarsi negli stati più profondi della psiche: questo la rende abile a muoversi “nei suoi abissi e inferi”, riuscendo ad aiutare anche gli altri in questo viaggio. Ma approfondiamo entrambi gli aspetti. La donna che incarna questo archetipo non è predisposta ad agire, ma ad “essere agita” dagli altri, vale a dire ad avere un comportamento condiscendente ed un atteggiamento passivo. L’aspetto di fanciulla archetipica rappresenta una giovane che ignora chi sia, ancora inconsapevole dei propri desideri e delle proprie forze: l’atteggiamento è quello dell’eterna adolescente indecisa su ciò che vuole essere da grande. Tende anche a compiacere la madre e ad essere “la brava bimba” obbediente ed attenta, spesso vive al riparo o protetta da esperienze che presentino dei rischi. Donna che si adatta ai desideri dell’altro, in quanto non è abbastanza consapevole di sé, da essere capace di dare un’immagine di quella che è la sua vita soggettiva. La sua innata recettività la rende molto duttile, e ciò la porta a fare qualsiasi cosa gli altri si aspettino da lei. Persefone è giovinezza, vitalità e la donna che incarna questo archetipo è recettiva ai cambiamenti e rimane giovane di spirito per tutta la vita. La bambina Persefone, iper-protetta, svilupperà un atteggiamento fragile e bisognoso di protezione e guida, e resterà dipendente a qualcuno. Sessualmente è inconsapevole della propria sessualità, aspetta il principe azzurro che giunga a svegliarla. Con gli uomini è una donna-bambina, dall’atteggiamento remissivo e giovane. Se è carina può attirare l’amicizia di donne che non si considerano particolarmente femminili, che proiettano su di lei la propria femminilità non sviluppata, e la trattano come qualcosa di speciale. Generalmente passa da un lavoro all’altro nella speranza che ne trovi uno che la interessa davvero. Vive nel “Paese Che Non C’è” come Wendy con Peter Pan, vagabondando e giocando con la vita. Oppure, se la donna ha superato crisi psicologiche profonde, può decidere di aiutare altri ad uscire da questa situazione, scegliendo di lavorare in reparti psichiatrici. Come la dea, la donna Persefone può evolvere nelle varie difficoltà della sua vita o rimanere fissata ad una fase.

Punti di debolezza di PERSEFONE: il narcisismo può essere una trappola per questa donna, infatti può fissarsi su di sé con tanta ansia da perdere la capacità di rapportarsi agli altri. Soggetta alla depressione, chiude ermeticamente dentro di sé rabbia o dissenso.

Aspetti da integrare di PERSEFONE: la donna Persefone può superare la sua dimensione se è costretta ad affrontare la vita con le sue sole forze e prendersi cura di sé, solo quando non ha qualcuno che decida per lei può crescere. E’ in grado di sviluppare qualità estatiche e numinose da sacerdotessa, arrivando a sentirsi inebriata dai rituali e può sviluppare potenzialità di medium o sensitiva, ma per fare ciò deve superare l’aspetto “Kore”. Se scesa nelle profondità di se stessa e superato le difficoltà, può essere d’aiuto a persone che attraversano tali fasi, diventando guida per gli altri.

G) AFRODITE
Il Mito: dea alchemica dell’amore e della bellezza, donna creatrice ed amante. Chiamata dai romani Venere. Afrodite era la più bella di tutte le dee e tutti gli dei la volevano in sposa, ma lei fu libera di scegliere e sposò Efesto, lo storpio dio dei fabbri e del fuoco. Non ebbero figli e il loro matrimonio può essere considerato come l’unione della bellezza e della tecnica, da cui nasce l’arte. Afrodite tradì spesso suo marito, sia con altri dei che con i mortali. Nella mitologia greca, Afrodite era una presenza che incuteva reverenza, perché provocava nei mortali e nelle divinità l’innamoramento ed il concepimento di una nuova vita. Ispirava la poesia e le parole persuasive, e rappresentava il potere di trasformazione e di creazione propri dell’amore. Afrodite in tutti i rapporti non fu mai vittima della passione non ricambiata nei suoi confronti.

L’Archetipo: l’archetipo Afrodite determina il piacere che certe donne provano per l’amore, la bellezza, la sensualità e la sessualità. Afrodite rappresenta la spinta a garantire la continuazione della specie. Questo archetipo rappresenta una forza immensa di cambiamento, infatti attraverso questa dea fluivano attrazione, unione e nascita di una nuova vita.

La Donna moderna: anche al giorno d’oggi la dea Afrodite porta alla donna il piacere per la bellezza, per l’amore, per la sensualità e la sessualità. Ogni donna nel momento in cui si innamora di qualcuno che ricambia quel sentimento, diventa la personificazione di questo archetipo. Si trasforma da essere mortale in dea dell’amore, si sente attraente e sensuale. Si innamora spesso e volentieri ed ha un magnetismo personale che attira gli altri in un campo carico di erotismo. Ma la donna Afrodite è una donna che si innamora con estrema facilità non solo di uomini, ma anche di idee, progetti, di opere artistiche. Se l’archetipo riesce ad esprimersi, non di rado la donna si trova in opposizione con i modelli correnti di moralità, fino a rischiare l’ostracismo. Colei che incarna questo archetipo, se rimane incinta, non è perché animata dal desiderio di avere un figlio, ma perché desidera sessualmente l’uomo che ama. La donna che si identifica con Afrodite spesso è estroversa e la sua personalità esprime una brama di vita e un che di selvaggio. Tende a vivere nel presente immediato, prendendo la vita come se non fosse niente di più di un’esperienza dei sensi. Generalmente quando è piccola, ama stare al centro dell’attenzione ed indossare abiti belli, ed i genitori assecondano e sono orgogliosi di tali caratteristiche, ma poi arrivata in età adolescenziale gli stessi parenti la tengono molto sotto controllo, e la rimproverano di tali comportamenti, che possono attirare i ragazzi. Tutto questo crea molta confusione nella giovane, che arriva a sentirsi in colpa senza sapere bene la motivazione. Quando la donna Afrodite cresce in un’atmosfera che condanna la sessualità femminile, può accadere che tenti di soffocare l’interesse per gli uomini e si consideri impura per i desideri sessuali che sente. Per la donna Afrodite è difficile realizzare un matrimonio monogamo e durevole, le piacciono gli uomini che attira con il suo fascino e con l’interesse che dimostra per loro: un interesse seduttivo, che fa sentire un uomo speciale e sexy. Il lavoro che non la coinvolge da un punto di vista emotivo non la interessa, a lei piacciono varietà ed intensità, compiti ripetitivi come le faccende di casa, o un impiego monotono l’annoiano, adora svolgere un’attività che le permetta di utilizzare la sua creatività. Molto spesso questo tipo di donna non è bene accettata dalle altre, in quanto gelose del suo fascino ed eleganza. In genere si trova bene con donne che hanno il suo stesso archetipo. L’artista immerso in un processo creativo, è ispirato dall’archetipo di questa dea. Infatti Afrodite è una potente forza di cambiamento legata ad ogni processo creativo che è sempre sensuale, legato ai sensi.

Punti di debolezza: se legata ad un amore infelice, in cui il suo lui non la considera molto, può lasciarsi travolgere dai sentimenti e arrivare ad accontentarsi delle piccole attenzioni che le arrivano dall’uomo che desidera, ma tutto questo le crea uno stato di sofferenza; se invece s’innamora di un uomo che non è interessato a lei, il suo coinvolgimento ossessivo può portarla a rimanere in questa situazione anche per anni, impedendole di concentrarsi su altri rapporti. Inoltre il rischio qua è di non riuscire a stabilire relazioni stabili e durature con uomini, idee, progetti e lavori, perché eternamente catturate da ciò che di bello e nuovo le interessa.

Aspetti da integrare: riconoscere la distruttività di un attaccamento verso un uomo che non la desidera. Imparare che quando deve prendere una decisione importante, è fondamentale che entri in contatto con i sentimenti contrastanti e conflittuali che vive, cercando di analizzarsi e capire cosa è veramente importante per lei, vagliando i sentimenti, i valori, e le motivazioni che sente. Apprendere a non rimanere ferita quando si trova in competizione con persone aggressive, che vogliono ottenere potere e posizione, e sviluppare il proprio potere personale, rimanendo però una persona tenera e comprensiva. Imparare a tenere una certa distanza emotiva dai rapporti, in modo da averne una visione complessiva, scegliendo, così, ciò che per lei è significativo: questo le consentirebbe di non idealizzare un uomo. Dovrebbe imparare a dire no se necessario, nonostante la disponibilità che la caratterizza, al fine di non subire imposizioni.

Conclusioni
Poiché all’interno della donna più dee possono rivaleggiare fra loro, è importante che in una situazione conflittuale, questa cerchi di trovare un equilibrio fra i vari sentimenti che prova, creando una sorta di cooperazione fra tutte “le figure che la caratterizzano”. In questo caso, quindi, l’intervento di Counseling verrà impostato affinché tutti gli aspetti della personalità possano essere ascoltati al fine di trovare una soluzione comune, che possa placare tutte le parti attive e in conflitto fra loro.

Infatti, poiché ogni dea rappresenta un istinto, un valore, o un aspetto particolare della psiche della donna (personalità), la quantità di cose che ciascuna dea avrà da dire dipenderà dalla forza dell’archetipo, e dallo spazio che l’IO le concede. L’IO deve essere considerato come il supervisore o il regista, che mantiene il controllo e gestisce tutte le parti attive, perché se ciò non accade, la confusione mentale porta la donna a un crollo psicologico. Una volta che la donna (attraverso l’osservazione del proprio IO) è divenuta consapevole della presenza in lei delle dee archetipiche ed è giunta a considerarle come una sorta di “assemblea”, possiederà due utilissimi strumenti di introspezione: ascoltare le proprie voci interne, riconoscere chi sta parlando e capire quali dee la influenzano.

Questo lavoro ci fa riflettere anche su quanto sia importante che la donna coltivi anche il proprio “Animus”, cioè il lato maschile presente in ogni donna, per imparare ad attingere da questa forza che è innata dentro di lei e la può aiutare a gestire situazioni difficili. Ogni donna nel corso della sua vita deve affrontare innumerevoli difficoltà, si trova di fronte a scelte difficili e arriva un momento in cui non vede via di uscita ma, se riesce a non lasciarsi sopraffare dalla paura e dalla disperazione, sarà in grado di trovare la luce che è fuori dalla caverna. Simbolicamente ripercorre le tappe delle divinità greche che, alla fine come descritto nei miti, ritrovavano la serenità e la completezza. Nel mito, infatti, il mistero diventa un percorso iniziatico, in cui la donna acquisisce il suo potere femminile fecondo attraverso tappe dolorose di morte-rinascita, necessarie prima di ricongiungersi al suo amato bene… Perché il mito, appunto, va oltre il personale, e fornisce l’aspetto oggettivo presente nell’evento psichico.